Abitare il tempo

Il tempo non consola, ma chiarisce. E ci invita a vivere senza rimpianti.

“La nostalgia rinvia a un concetto elementare: la vita non si ripete; ogni nostro istante, ogni nostra azione, ogni nostro gesto, tutto quello che ci è permesso di vivere accade una sola volta, e non potrà mai più essere.” — Antonio Tabucchi

Durante il mio recente volo Catania–Firenze, ho letto questo piccolo volume Sellerio (n. 666 della collana “La Memoria”) di Antonio Tabucchi, da cui è tratta questa citazione.

Credo molto alle imperscrutabili casualità della vita. Mi ha colpito che toccasse con tanta precisione il tema del “tempo”, proprio in questi giorni in cui il mio compleanno ricorreva come soglia.

Non perché io temi particolarmente l’ineluttabile. Tutt’altro. Forse perché mi è sempre piaciuto sovvertire l’ovvio, camminare sul bordo delle cose, cercare l’inciampo nei pensieri — quelli complessi, non comodi…. I compleanni, così, li ho sempre pensati come passaggi. Non un punto di arrivo e partenza in cui si conta il tempo, ma un momento in cui si prende atto di come si è scelto di abitarlo.

Leggendo Tabucchi, non ho potuto fare a meno di imbattermi (inevitabilmente) nella nostalgia profonda di Pessoa. Una saudade del possibile, delle vite mancate, delle strade non percorse. La nostalgia non solo per ciò che è stato, ma per ciò che non è mai accaduto.

Ha ragione, Pessoa, a temerla perché, la tentazione di sprofondare in questa nostalgia malinconica, è sempre dietro l’angolo. Più passa il tempo, più si rischia di vacillare. Passato, presente e futuro possono creare un cortocircuito alla nostra mente? Sì, è possibile! Ma di una cosa sono certa: é la complessità che ci aiuta a mettere in fila i pensieri, a fare ordine nelle emozioni, a regolare il nostro benessere psicofisico. Le riduzioni semplicistiche chiudono l’orizzonte, obnubilano il raziocinio, rendendo sterile la ragione. E la memoria.

Per esempio:

Custodire i ricordi non è vivere nel passato. Significa, visitarli. Quelli belli ci spingono a desiderare ancora; quelli dolorosi ci ricordano che è meglio soffrire che avere rimpianti.

Quanto ai cambiamenti — gli inevitabili cambiamenti contingenti — credo vadano accolti come opportunità, come prove di forza. Io cambio età ogni giorno, perché scelgo di essere ciò che sento. È la forza del presente che ha radici profonde nel mio passato.

A quale conclusione sono arrivata? Che il tempo, in fondo, aggiusta ogni discrasia. Non cancella, ma ricompone. Non consola, ma chiarisce. Aiuta a riconciliarci con noi stessi, a lenire quel sottile senso di colpa per ciò che siamo — e, ancor di più, per ciò che non siamo stati. È un modo per guarire quella saudade del possibile che tanto tormentava Pessoa; moderando il presente grazie all’esperienza del passato. Per costruire il futuro, vivendo.

Scrive ancora Tabucchi:

“La vita non ammette repliche. Ma noi tutti viviamo come se questa fosse una verità di poca importanza, perché, se ci pensassimo ogni giorno, la vita diventerebbe una nostalgia paradossale, la nostalgia del presente.”

Il mio compleanno è passato. Senza bilanci, senza scossoni, senza rimuginamenti, senza piani minuziosi e a lungo termine.

Andare avanti come scelta. Con consapevolezza. È il solo modo che conosco per accordare fiducia alla vita, alla sua trama sottile e irripetibile: per vivere ogni giorno con pienezza, senza la paura, di non avere più tempo.

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